In sintesi
- 🎬 Il colibrì
- 📺 Rai 3 HD, 21:20
- 🦋 Film drammatico italiano diretto da Francesca Archibugi, tratto dal romanzo di Sandro Veronesi, che racconta la resilienza e le sfide emotive di Marco Carrera (Pierfrancesco Favino) attraverso una narrazione intensa e stratificata, tra passato e presente, con un cast d’eccezione e un forte impatto psicologico e culturale.
Il colibrì, Francesca Archibugi, Pierfrancesco Favino, Sandro Veronesi, Kasia Smutniak: queste sono le grandi entità principali che accendono la programmazione di questa sera, martedì 13 agosto 2025, alle 21:20 su Rai 3 HD. Per chi ama il cinema d’autore italiano, le commistioni tra dramma familiare intimo e grandi domande esistenziali, e la recitazione di altissimo livello, “Il colibrì” è l’appuntamento da non perdere.
Il colibrì: il dramma della resilienza secondo Francesca Archibugi
Diretto da Francesca Archibugi e tratto dall’omonimo romanzo Premio Strega di Sandro Veronesi, Il colibrì (2022) è molto più di una trasposizione fedele. È un viaggio dentro la costruzione emotiva di un uomo apparentemente in balia della vita, messo in scena attraverso la splendida interpretazione di Pierfrancesco Favino. L’attore regala una delle sue performance più delicate e profondamente umane, regalando nuova linfa alle inquietudini, ai rimpianti e alla dolce ostinazione del suo Marco Carrera.
La regia sapiente di Archibugi alterna passato e presente in modo quasi da puzzle: viene chiesto allo spettatore di “sistemare i pezzi”, scoprendo progressivamente perché Marco sia diventato il colibrì, simbolo di resistenza sofferta ma instancabile. Si vola tra gli anni ’70 e il presente, tra la passione mai consumata con la Luisa Lattes di Bérénice Bejo e la vita domestica con Marina (Kasia Smutniak), tra la ricerca di equilibrio e il peso di perdite insostenibili.
Il cast di Il colibrì e le emozioni d’autore: Favino, Smutniak, Veronesi
Non è solo la regia a dare valore al film, ma anche un cast all-star che rende ogni dinamica familiare un piccolo atto di teatro privato. Favino è affiancato da una Smutniak sospesa fra fragilità e insofferenza, e da una Bérénice Bejo che porta in Italia il carisma di “The Artist” ma con una finezza più matura. Laura Morante, Sergio Albelli, e il cameo di Nanni Moretti (regista doc che qui si mette a totale disposizione del progetto) impreziosiscono la coralità.
Anche dietro la macchina da presa, la Archibugi fa il suo – conosciutissima per la sua delicatezza nei rapporti tra genitori e figli, e per l’attenzione certosina nel dirigere i giovani attori (qui c’è da notare come i bambini rubino letteralmente la scena per verità e spontaneità).
- Pierfrancesco Favino: una delle prove più introspettive, con una recitazione “di sottrazione”, sempre sul filo del non detto.
- Francesca Archibugi: conferma la sua centralità nel raccontare il disagio borghese italiano, senza stereotipi e cliché, ma guardando nei meandri dell’inquietudine familiare.
Il colibrì tra analisi psicologica e impatto culturale
Se si parla di impatto culturale, “Il colibrì” si inserisce in quel filone di cinema italiano contemporaneo che punta forte sull’analisi psicologica e sull’adattamento della letteratura d’autore (più che di costume o cronaca). Il film – come il libro – chiede molto allo spettatore: servono pazienza e attenzione per cogliere i mille dettagli disseminati da Archibugi, dalla metafora ornitologica fino ai riferimenti cross-generazionali che legano le piccole tragedie personali alla grande narrazione famigliare tricolore.
Lascia una traccia riconoscibile e stratificata nella recente produzione italiana. La regista gioca con l’illusione della staticità: Marco sembra immobile, condannato a sbattere le ali senza avanzare, eppure si trasforma più degli altri. Un messaggio fortissimo, quasi revolutionary nella sua apparente rassegnazione: la vera forza sta spesso nel resistere senza cedere, mantenendo coerenza anche nel caos delle emozioni.
- Il romanzo vince il Premio Strega 2020 e il film si aggiudica una menzione ai Nastri d’Argento: è questo un segno tangibile di quanto il tema della resilienza abbia toccato corde universali.
- La critica si divide: c’è chi applaude la precisione “chirurgica” nella rappresentazione della borghesia romana e chi rimprovera al film troppa freddezza, ma la forza delle interpretazioni è stata riconosciuta da tutti.
Dal punto di vista “nerd”, non si può non sottolineare la costruzione narrativa a incastro, il deciso omaggio a certi drammi familiari francesi e nordeuropei (alla Haneke o Assayas), e un’evidente attenzione quasi maniacale ai dettagli di scena, dagli oggetti vintage alle atmosfere sonore rarefatte. Anche chi ama sgranare cine-citazioni tra amici troverà pane per i suoi denti.
Il colibrì su Rai 3: perché non perdersi questo film d’autore
In un mondo invaso da serialità rapida e facile consumo, “Il colibrì” costringe invece a fermarsi, a immergersi nei piccoli grandi dolori e nelle gioie inattese della vita. È cinema italiano nella sua forma più sincera: introspettivo, elegante e stratificato. E, cosa non da poco, ci regala uno dei Favino migliori di sempre, impreziosito dalle presenze di Smutniak, Bejo, Morante e perfino Moretti.
Che siate appassionati di film d’autore, lettori affezionati di romanzi italiani, o semplicemente in cerca di una serata diversa dalle solite maratone di thriller americani o reality, questa è la proposta giusta. Sintonizzatevi su Rai 3 HD alle 21:20: la resistenza emotiva di Marco Carrera – il suo “sbattere le ali” tra occasioni mancate e amori eterni – offre una visione intensa, malinconica ed estremamente “vera”, perfetta per chi ama il cinema che fa riflettere davvero.
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